Nel cuore delle alpi vive il camoscio, maestoso ungulato appartenente alla famiglia dei bovidi. Uno dei simboli indiscussi della montagna, facilmente avvistabile durante le escursioni. In natura esistono tre specie: il camoscio alpino, il camoscio appenninico e il camoscio pirenaico che però non vive in Italia ma solo in Spagna, nei Pirenei e monti Cantabrici.
Conosciamo il camoscio da vicino:
Il camoscio alpino - rupicapra rupicapra
Affascinante scalatore delle alpi, dal carattere schivo, ma curioso, solitamente vive in piccoli gruppi composti da femmine e giovani. I maschi vivono prevalentemente solitari, soprattutto in fase adulta o immediatamente dopo il periodo dell'accoppiamento.
Nel territorio italiano si contano circa 130'000 esemplari, il loro numero è dipendente dalla presenza di predatori, come il lupo e l’aquila, e dalla selezione venatoria.
In media, il camoscio (in condizione di libertà) vive fino a 20 anni, anche se nelle zone di caccia non superano mediamente i 7 anni. Solo una piccola percentuale riesce a raggiungere età elevate.
Per quanto possa sembrare simile al suo "parente" stambecco, ne condivide solo lo stile di vita e l'habitat, ma è diverso per dimensioni e forma delle corna.
L’habitat del camoscio alpino
Il camoscio, nelle nostre alpi liguri, ha il suo limite più meridionale nella zona del Monte Galero (al confine tra le province di Cuneo e Savona) e si estende fino ai confini montuosi dell’Italia settentrionale. In queste zone trova condizioni favorevoli, abbondanti pascoli e zone rocciose dove si riproduce al riparo dai grandi predatori.
Vive sopra i 1000 m di altitudine, e si nutre prevalentemente di erbe, piccoli rami, fiori, licheni e bacche. Il camoscio è un ruminante, non nettamente brucatore né pascolatore: si nutre di ciò che il territorio e la stagione gli offrono.
Si destreggia abilmente tra le pietraie e i ripidi pendii erbosi. Non teme l’inverno e le intemperie poiché è un animale di origine glaciale: i primi resti rinvenuti risalgono a circa 200'000 anni fa.
Le corna e come riconoscerlo in natura
Le corna del camoscio sono corte e affusolate, quelle dei maschi sono anellate e a forma di V, mentre quelle delle femmine sono anellate ma più divaricate.
A differenza dei palchi dei cervidi (cervi, caprioli e daini), le corna del camoscio non sono “caduche”, ovvero, non seguono la caduta annuale ma crescono in simbiosi con l’animale a partire dal primo anno di età. È complicato stabilire l’età precisa perché la crescita degli anelli non è regolare, dato che subisce un rallentamento dopo il quinto anno di età.
Alle corna è affidata la funzione di difesa e di attacco nei combattimenti oppure la loro particolare forma permette alle femmine di proteggere i piccoli. Non di rado si possono osservare esemplari con una o entrambe le corna spezzate o mutate nella forma.
Il mantello varia in base alla stagione: marrone scuro e pelo folto in inverno, marrone chiaro e pelo rado in estate. Il muso fa eccezione in quanto è l’unica parte che mantiene una colorazione chiara/bianca e due caratteristiche strisce nere parallele, dalle orecchie al naso.
Per quanto riguarda le zampe è curioso notare come si sia sviluppato, nel corso del tempo, per poter scalare pareti rocciose con zoccoli esternamente duri e affilati - per fare presa su neve e terreni ghiacciati – e all’interno morbidi per un migliore attrito su ghiaccio e fango.
L’accoppiamento
La fine della stagione autunnale coincide biologicamente con il periodo dell’accoppiamento del camoscio: i maschi diventano molto territoriali e aggressivi nei confronti dei loro simili. Il territorio del maschio dominante ha al suo interno un gran numero di femmine che difende e controlla affinché non si accoppino con altri maschi.
Nel caso in cui altri maschi tentino di avvicinarsi alle femmine, vengono prontamente allontanati con folli corse lungo i pendii.
Dopo l’accoppiamento le femmine tornano alla loro vita separata dai maschi, in attesa dei parti primaverili (solitamente a maggio).
La gestazione dura circa cinque mesi e ogni femmina può partorire al massimo due esemplari. I piccoli vivono almeno un anno con le madri, in gruppi composti da sole femmine, cuccioli e alcuni giovani nati l’anno precedente.
La vita in gruppo rappresenta una forma di difesa per i capretti, che sono cacciati dall’aquila reale: il grande predatore aereo capace di abbatterli e trasportali fino al nido. Per avvisare il gruppo di un eventuale pericolo usano un particolare "fischio" simile a quello delle marmotte.
Dopo il primo anno di vita, i giovani si allontanano e diventano indipendenti.
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